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Le imprese cercano alleati in Rete: nuove piattaforme per favorire le partnership

Le imprese cercano alleati in Rete: nuove piattaforme per favorire le partnership

Posted on 18 Aprile 2016 by in Senza categoria with Commenti disabilitati su Le imprese cercano alleati in Rete: nuove piattaforme per favorire le partnership

L’ anima gemella si cerca su Internet: come per le coppie, anche per le aziende ci sono una serie di portali che favoriscono le opportunità di incontro. Saviozzi (Bocconi): “Una volta i contatti si stabilivano alle fiere. Questi siti sono fiere permanenti”. Una nuova forma di disintermediazione che crea molteplici occasioni di business.

Funziona un po’ come Tinder. Si scorrono i profili, e se scatta la passione reciproca si comincia a messaggiare. Vale per l’anima gemella, perché non anche per gli affari? Sono sempre di più le imprese che cercano opportunità di business, clienti, fornitori, possibili acquisizioni in Rete. Su piattaforme dove inseriscono i propri dati di bilancio, affidando a un motore di ricerca il lavoro che fino a ieri era quello dei broker commerciali: trovare il partner ideale. La startup americana Axial, 20mila manager iscritti e accordi chiusi per 500 milioni di dollari, a Tinder assomiglia anche nell’aspetto. La concorrente Powerlinx, 35 milioni di aziende censite e 12.500 offerte di alleanza, punta tutto sull’efficacia del suo algoritmo di accoppiamento. Quanto a Opportunity Network, fondato negli Usa dal 28enne italiano Brian Pallas, ricorda piuttosto Small World, l’esclusivo social network dove si entra solo se invitati da chi è già membro.

Perché una società venga ammessa al portale, infatti, deve essere presentata da uno dei partner, che comprendono banche come Intesa Sanpaolo o Bbva e università di prestigio come Harvard o la Columbia. Questo filtro permette a Opportunity Network di avere al suo interno solo aziende “fidate”, con cui gli altri membri possono organizzare scambi senza rischio fregature. Gli accordi chiusi, oltre 1500, vanno da un’azienda di frutta secca sud americana che ha trovato un distributore a New York, alla società familiare di base in Pennsylvania che ha trovato un fornitore di materie plastiche in Tailandia.

Un modello alternativo, più istituzionale, è invece quello testato dal governo britannico con la piattaforma “Business is Great”, che gioca proprio sul nome della Gran Bretagna. Il sito, gestito dall’ente di promozione commerciale del governo, dà accesso ad oltre 20 mila imprese registrate. È aperto anche a quelle italiane: per esempio, la Beam Power Energy, società di Torino attiva nel campo dell’efficienza energetica, è riuscita ad agganciare tre imprese britanniche che operano nel settore dei sistemi di riscaldamento, di cui commercializzerà i prodotti a partire dai prossimi mesi.

“Finora i contatti venivano stabiliti alle fiere. – spiega Francesco Saviozzi, 38 anni, professore di Strategia e imprenditorialità allo Sda Bocconi – Queste piattaforme sono fiere permanenti”. Adatte soprattutto alle piccole e medie imprese, che oggi si trovano a dover competere su scala globale, hanno bisogno di fornitori in Cina e distributori in Sud America, ma per cui il costo di un intermediario è spesso pesanti da sostenere. Su Powerlinx, per esempio, il taglio medio dei contratti messi in vetrina è di 200 mila dollari. Molto più basso di quelli chiusi normalmente dalle grandi aziende, con l’appoggio di società di consulenza o banche d’affari.

Una nuova forma di disintermediazione. Come quella che Airbnb ha portato nel turismo o Uber nei trasporti. Certo ci sono mercati locali, come quelli del Golfo, dove le relazioni di un broker in carne e ossa fanno ancora la differenza. Soprattutto, quando di mezzo ci sono i soldi, le garanzie assicurate da un incontro faccia a faccia non sono così facile da sostituire. “Il tocco umano rimane una componente fondamentale”, conferma Saviozzi. Ne sono consapevoli anche gli imprenditori di Powerlinx, che ha raccolto 6 milioni di dollari di finanziamenti. “Per noi il fattore fiducia è essenziale. – dice Yoni Cohen, a capo dello sviluppo – La nostra piattaforma, oltre a analizzare in profondità storia e obiettivi delle imprese, indica anche il livello di affidabilità delle informazioni”. E non vuole rimpiazzare il lavoro dell’uomo: “Ci limitiamo a creare l’occasione di incontro, poi lasciamo le trattative alle aziende”. Powerlinx ha nel suo database più di 35 milioni di imprese, tra cui tutte quelle francesi, e si espande veloce. Ma in Italia ne ha censite solo 700mila, su una platea di oltre 4 milioni. Forse perché,

come certifica la pagella digitale dell’Unione europea, solo il 6,5% delle nostre Pmi vende online, contro una media europea del 16%. “Solo una piccola avanguardia sa muoversi in Rete. – conclude Saviozzi – Per le altre queste opportunità restano un oggetto misterioso”.

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La mappa degli incentivi regionali per le imprese: in palio oltre 2,2 miliardi di fondi per il 2016

La mappa degli incentivi regionali per le imprese: in palio oltre 2,2 miliardi di fondi per il 2016

Posted on 13 Aprile 2016 by in Marketing with Commenti disabilitati su La mappa degli incentivi regionali per le imprese: in palio oltre 2,2 miliardi di fondi per il 2016

Un assegno superiore ai 2,2 miliardi di euro, messo sul piatto dalle Regioni per le imprese attraverso bonus e incentivi che per tutto il 2016 viaggeranno verso cinque destinazioni principali: start up, innovazione, ambiente, accesso al credito e internazionalizzazione per contribuire al rilancio del territorio. Con cinque regioni – Lombardia, Puglia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte – che tirano la volata e contribuiscono a circa il 70% della dotazione complessiva.

Con questo ricco forziere si apre una stagione di nuovi bandi a sostegno delle imprese che può contare sui fondi europei della programmazione 2014-2020, partita in ritardo. Qui metà della dotazione proviene da Bruxelles, mentre la restante parte viene suddivisa tra lo Stato e le regioni in misura diversa da caso a caso. Senza contare che in alcuni casi si sommano le risorse della precedente programmazione 2007-2013 che non sono state spese e devono essere certificate entro il 31 marzo 2017 per scongiurare il disimpegno automatico.

 Nel Lazio, per esempio, ci sono 45 milioni di residui che si aggiungono agli oltre 150 previsti da quella nuova per il 2015/16. Al momento i bandi aperti hanno un budget di 42 milioni, a cui si aggiungeranno a partire da giugno altri avvisi per 150 milioni, una volta chiuse le procedure di valutazione dei progetti pervenuti a seguito della Call for Proposal. La Call è stata lanciata la scorsa estate e rivolta a Pmi, grandi imprese, organismi di ricerca, enti locali, associazioni e rappresentanze sindacali perché presentassero progetti di riposizionamento competitivo territoriale e settoriale. In Basilicata sono sul piatto 55,7 milioni della precedente programmazione, con un focus soprattutto sui fondi di garanzia e sul microcredito, mentre a giugno partiranno i primi bandi sotto l’ombrello dei nuovi fondi Ue 2014-2020. Per questi ultimi la dotazione per il 2016 non è ancora stata definita.

Sostegno alle nuove imprese
Il Veneto, che ha un tesoretto di 600 milioni in sette anni (+33% sul 2007-2014), ha in rampa di lancio, una volta ultimata la suddivisione fra tutti i programmi operativi (Fesr, Feasr e Fse) dei 50 milioni di euro di quota regionale stanziati nel bilancio 2016, i bandi che riguarderanno le start up e le nuove imprenditorialità nei diversi settori con una dote di 16 milioni. Anche la Lombardia sta per pubblicare il primo bando da 30 milioni rivolto alle start up, con particolare attenzione ai giovani e agli over 50. La Puglia scommette sui «Nidi», le nuove iniziative di impresa con una dote di 54 milioni.

Innovazione
In prima linea per la ricerca c’è il Friuli-Venezia Giulia, che entro giugno aprirà diversi bandi: per assegnare i voucher per l’innovazione diretti all’acquisto di servizi per innovazione tecnologica, strategica, organizzativa e commerciale (2,8 milioni); per l’attività di R&S realizzata tramite la cooperazione di più imprese e istituti scientifici (25 milioni); per l’innovazione e industrializzazione dei risultati della ricerca (17,2 milioni). Anche l’Abruzzo scalda i motori e nel secondo semestre pubblicherà un bando da 20-25 milioni per incentivare l’assunzione di ricercatori. Dalla Toscana arriva il sostegno alle start up innovative, con finanziamenti agevolati e voucher (oltre 4 milioni di fondi). In Valle d’Aosta è invece aperto il bando «Fabbrica intelligente» rivolto al finanziamento di progetti di ricerca industriale o sviluppo sperimentale, con una dotazione di un milione di euro.

Accesso al credito
Tra i 16 avvisi in Piemonte spiccano le misure per favorire l’accesso al credito delle Pmi. Il ventaglio è ampio: si va dai fondi di garanzia ai finanziamenti agevolati, passando per contributi a fondo perduto e smobilizzo di crediti commerciali. In Calabria la maggior parte delle risorse viene oggi riservata al Fondo unico di ingegneria finanziaria, che utilizza fondi Fesr 2007-2013 con una dotazione residua di 30 milioni e suddiviso in quattro sezioni: prestiti agevolati, fondi di garanzia, prestiti agevolati per l’acquisto di macchinari e un ultimo fondo che premia gli investimenti.

Internazionalizzazione
Tra i bandi aperti in Emilia-Romagna si mette in luce quello da 10,3 milioni che finanzia progetti di promozione dell’export. Fino al 30 settembre le imprese con progetti del valore minimo di 50mila euro possono concorrere per ottenere un contributo pari alla metà del costo entro alcuni limiti. Scommette sull’internazionalizzazione anche la Sardegna, dove il bando Export per le Pmi del manifatturiero, aperto il 23 marzo, chiuderà i battenti il prossimo 30 aprile (un milione di euro i fondi a disposizione). Nelle Marche sono in arrivo due bandi per sostenere le imprese che si proiettano sui mercati esteri.

Ambiente
Puntano, infine, sulla tutela dell’ambiente la Provincia di Trento, che destina 10 milioni per incentivi nel settore energia, e la Puglia, con una dotazione di ben 92 milioni.Tra i potenziali beneficiari delle misure finora descritte non ci sono solo le aziende singole. Alcune regioni hanno infatti messo in campo anche azioni per sostenere le reti d’impresa. È il caso dell’Umbria, che a breve darà il via a due strumenti riservati proprio alle aggregazioni leggere tra le aziende. Il Piemonte finanzia progetti di investimento delle reti di impresa. In Emilia-Romagna il bando per l’internazionalizzazione è aperto anche a chi fa gioco di squadra e in Basilicata tra i provvedimenti in arrivo figurano anche quelli per realizzare azioni di sistema.

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FONDIRIGENTI-innovatori per formazione: avvisi 2016

FONDIRIGENTI-innovatori per formazione: avvisi 2016

Posted on 5 Aprile 2016 by in Marketing with Commenti disabilitati su FONDIRIGENTI-innovatori per formazione: avvisi 2016

CON GLI AVVISI 2016 FONDIRIGENTI CONFERMA IL PROPRIO IMPEGNO A FAVORE DELLE IMPRESE ADERENTI E DEI MANAGER OCCUPATI E DISOCCUPATI PROMUOVENDO INIZIATIVE FORMATIVE PERSONALIZZATE E RISPONDENTI ALLE REALI ESIGENZE DI CRESCITA DELLE AZIENDE E DEL MANAGEMENT.

Vai al sito e prendi visione del testo integrale degli avvisi

L’importanza del risk management per il successo delle imprese

L’importanza del risk management per il successo delle imprese

Posted on 18 Marzo 2016 by in Marketing with Commenti disabilitati su L’importanza del risk management per il successo delle imprese

L’enfasi sugli obiettivi di risultato di breve periodo troppo spesso lascia poco spazio alla valutazione e alla quantificazione del rischio associato alle diverse scelte aziendali. Si tratta invece di un tema di vitale importanza: per creare valore e cogliere le opportunità del business è necessaria la presenza costante, all’interno del sistema decisionale e di controllo delle organizzazioni, di competenze e attività dedicate

di Marco Giorgino, Ordinario di Finanza Aziendale e Risk Management, Politecnico di Milano e MIP

1. Premessa 

La storia dei sistemi economici e dei mercati finanziari degli ultimi anni è stata caratterizzata da molti casi di crisi e, nelle situazioni più patologiche, di dissesti che hanno certamente lasciato il segno. È difficile trovare un “trait d’union” tra tutti. C’è però un elemento molto ricorrente che caratterizza queste situazioni negative: è il disallineamento tra profili di rendimento e profili di rischio nell’ambito del sistema decisionale e di governance delle aziende. La forte enfasi data alla necessità di raggiungere obiettivi di risultato soprattutto nel breve periodo ha spesso lasciato poco spazio alla valutazione, e alla quantificazione ove possibile, del rischio associato a determinate tipologie di scelte. Il risultato è stato che si è verificato un disallineamento tra la massimizzazione dei risultati rispetto alla capacità di imprese e società bancarie e finanziarie di creazione del valore.

Non è un caso, pertanto, che una delle più importanti eredità che la storia degli ultimi anni ci lascia è la crescente attenzione alle tematiche di valutazione e gestione del rischio, in una parola quello che comunemente viene denominato risk management.

2. Definizione di risk management
Una definizione teorica è quella che vede il risk management definito come quell’insieme di azioni intraprese dalle aziende nel tentativo di alterare e controllare il livello di rischio associato alle linee di business e, in generale, all’impresa nel suo complesso. La valenza gestionale di questa definizione è quella di identificare i rischi associati a determinate scelte strategiche e operative dell’impresa e di assumere decisioni sulle modalità attraverso cui trattare tali rischi. Ci sono, tuttavia, alcune assunzioni errate rispetto al risk management che sarebbe opportuno puntualizzare.

Innanzitutto, è errato pensare che il rischio sia solo negativo (downside risk). L’innovazione e la capacità di cambiamento sono per definizione portatori di rischio ma sono, allo stesso tempo, generatori di opportunità in grado di creare valore per l’impresa (upside risk). Assumere una valenza esclusivamente negativa del rischio potrebbe portare all’immobilismo decisionale e al non cogliere e al non costruire determinate occasioni che, nel tempo invece, potrebbero rivelarsi di successo. Di conseguenza, è errato pensare che evitare il rischio sia per definizione una strategia vincente.

Oggi più che mai questo potrebbe essere dimostrato. Le imprese di successo, infatti, sono proprio quelle che investono e che hanno nell’innovazione e nel cambiamento alcune delle leve principali di sviluppo, con un governo del rischio che consente di cogliere le opportunità.

La disciplina del risk management ha avuto un’evoluzione molto rilevante con un’accelerazione forte proprio negli ultimi anni, nel periodo post-crisi. Da una visione estremamente ‘assicurativa’ del rischio, che ha portato nel tempo ad una ricerca di trasferimento del rischio verso l’esterno, in primis verso il mondo delle assicurazioni, si è passati ad una visione più ‘gestionale’, che porta alla necessità di trattare il rischio in modo più ‘attivo’ valutando cosa è opportuno trasferire e cosa invece è necessario, per cogliere i vantaggi di certe scelte, trattenere e finanziare internamente. Nell’evoluzione dell’approccio, si è assistito anche ad un allargamento sempre più ampio e complesso delle varie tipologie di rischio cui l’impresa è esposta. Tale evoluzione ha riguardato anche le competenze e le professionalità necessarie per assolvere al ruolo di risk manager.

Da una lettura storicamente più vicina alla figura dell’insurance manager, si è andati verso competenze più gestionali, che richiedono, da un lato, una maggiore conoscenza del business e dei suoi processi chiave, così come dei mercati finanziari dove poter trovare risposte alle esigenze di copertura ma anche elementi a supporto dell’interpretazione dell’evoluzione dell’impresa, e, dall’altro, una solida base quantitativa a supporto delle necessarie modellizzazioni per la misurazione e la gestione del rischio. La mappatura dei rischi dell’impresa oggi è un’attività estremamente articolata che passa attraverso un’attenta valutazione dei processi di business, del posizionamento sui mercati, del rapporto con intermediari e operatori finanziari, del modello organizzativo. Una recente analisi sulla mappatura dei rischi1 in un segmento molto importante del sistema imprenditoriale italiano, quale quello delle piccole e medie aziende, evidenzia la percezione dell’esposizione al rischio in tre principali categorie: a) rischi strategici, b) rischi finanziari, c) rischi operativi.

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La declinazione di tali categorie in un dettaglio maggiore vede come rilevanti, nell’ambito dei rischi strategici, i rischi di concentrazione del portafoglio sia da un punto di vista di mercato che da un punto di vista di prodotto, i rischi regolamentari, ossia di adeguamento e compliance alla normativa, e, in misura sempre più crescente, i rischi reputazionali, uno dei principali elementi di novità emerso negli ultimi anni. Un’analisi più attenta sulla categoria dei rischi finanziari lascia emergere, come sarebbe ovvio attendersi, il rischio di credito, tema di forte criticità del momento, inteso come deterioramento delle posizioni creditorie, derivanti sia da attività commerciali sia da attività finanziarie, conseguenza dell’incremento della probabilità di insolvenza delle controparti.

Significativi, seppure in misura minore, i rischi di liquidità e quelli di tasso di interesse, legati ad andamenti imprevisti della dinamica finanziaria, da un lato, e a oscillazioni inattese dei tassi di interesse unite allo squilibrio delle strutture di attivo e passivo, dall’altro. Sul fronte, infine, dei rischi operativi, di spicco sono i rischi associati alla strutturazione dei processi aziendali e quelli collegati alla condotta dei manager e dei dipendenti, tema questo molto sentito anche in relazione alla disciplina regolamentare sulla responsabilità delle persone giuridiche.

Il quadro che ne emerge è composito e articolato. È espressione, non solo nell’esempio delle PMI ma estendibile a tutto il mondo dell’economia e della finanza, pur con differenti profili e connotazioni, di una crescente attenzione e consapevolezza sulla disciplina del rischio.

Le evoluzioni che mercati finanziari e sistemi economici hanno avuto negli ultimi cinque anni almeno hanno portato ad alzare il livello di attenzione e, di conseguenza, il volume di risorse dedicato alle attività di risk management in imprese, banche, assicurazioni, società finanziarie. Sono due almeno le categorie di fattori che hanno spinto verso tali evoluzioni.

Da un lato, ci sono i fattori normativi e regolamentari. La risposta in termini di regole e nuova normativa alle crisi recenti è stata importante. Alcuni settori in particolare sono stati oggetto di una revisione significativa del sistema regolamentare. Spesso, infatti, la risposta alle crisi o ai fallimenti di grandi aziende o di importanti istituzioni è una risposta regolamentare. E altrettanto spesso il contenuto regolamentare è un contenuto focalizzato sulla disciplina nell’assunzione, nella misurazione, nella gestione dei rischi. I settori bancari e finanziari sono storicamente settori regolamentati e vigilati. E sono stati fortemente interessati, in passato e in tempi più recenti, da questo tipo di evoluzione. Altra categoria è rappresentata da fattori economici e finanziari. Le risposte regolamentari sono anche la risposta a fattori economici e finanziari che evolvono. È importante, tuttavia, tenere separate queste categorie sia perché non tutti i settori sono regolamentati e vigilati sia perché i comportamenti delle aziende in questo caso non sono forzati da regole ma sono guidati e decisi da valutazioni discrezionali. Esempi di fattori evolutivi in tal senso sono la maggiore integrazione, fino alla globalizzazione in alcuni casi, dei mercati che espone le imprese a fattori, una volta poco considerati, che possono modificare i propri risultati attesi.

Altro esempio è la crescente difficoltà nella gestione delle posizioni creditorie, dovuta al deterioramento di ampi comparti dell’economia. Questo fattore sta portando le imprese più attente a costruire e ad intensificare, anche con risorse dedicate, processi di selezione e di monitoraggio della clientela molto più articolati e sofisticati.

La distinzione tra fattori regolamentari e fattori economici è importante. È spesso una chiave di lettura che consente di cogliere la differenza tra chi è ‘obbligato’ a costruire e implementare sistemi di gestione dei rischi perché deve aderire a norme e codici e chi invece decide discrezionalmente di farlo perché ne valuta positivi gli effetti. Con questo non si vuole affermare che i settori regolamentati siano passivi ma certamente hanno una spinta in più. Tale differenza, peraltro, potrebbe essere letta anche come differenza tra approccio ‘formale’ e approccio ‘sostanziale’ alla costruzione del sistema di gestione dei rischi.

4. Alcune ‘regole’
La funzione di risk management all’interno delle organizzazioni aziendali assume ormai da tempo una rilevanza significativa. Le modalità attraverso cui, però, tale funzione sviluppa le proprie attività sono varie e possono essere valutate attraverso diversi livelli di integrazione rispetto al resto della struttura. Il punto è centrale. La funzione è integrata e supporta i processi chiave dell’impresa pur mantenendo la sua indipendenza oppure la funzione esercita esclusivamente un ruolo di monitoraggio e di misurazione in una logica di controllo? Alcuni principi generali potrebbero aiutare nell’interpretare e costruire il ruolo della funzione in una chiave costruttiva, sostanziale, attiva.

  1. La funzione deve contribuire alla creazione del valore. Se si parte da modelli valutativi che basano il proprio funzionamento sull’equilibrio tra rendimento e rischio, ciò vuol dire che nell’ambito del sistema decisionale aziendale la valutazione dei rendimenti non può prescindere dalla determinazione del rischio associato a quei rendimenti ed è per questo che sempre più diffusi sono gli indicatori risk-adjusted nella misurazione delle performance aziendali.
  2. La funzione deve essere coinvolta nei processi di pianificazione strategica. Il livello di coinvolgimento sia sostanziale e non una mera questione formale. Nel momento in cui il top management dell’azienda prende decisioni strategiche, all’interno del processo decisionale, in modo indipendente, l’attività di risk management deve contribuire indirizzando la decisione dove il profilo rendimento-rischio possa essere ottimizzato.
  3. La funzione deve essere parte integrante del sistema di governance e organizzativo. Spesso ci si interroga su quale sia la collocazione più corretta affinché la funzione assolva nel migliore dei modi al proprio ruolo. Da un lato, c’è la necessità che essa eserciti un ruolo di contributore al processo decisionale, ed è per questo che risulta opportuno tenerla molto vicina ai ruoli e ai processi di business. Dall’altro, c’è l’importanza di considerarla come l’elemento di garanzia affinché le risk policies definite dal consiglio di amministrazione, con il supporto eventuale di comitati consultivi (es. comitato per il controllo interno), siano rispettate quando sono prese decisioni, a tutela del patrimonio aziendale.
  4. La funzione identifica il rischio per poterlo gestire. Fondamentale è il ruolo della funzione nell’assessment del rischio al fine di poter definire quali sono le più opportune modalità di gestione, ossia le strategie attraverso cui trattarlo. Considerando le categorie di rischio che classificano il rischio sotto i profili strategici, finanziari ed operativi, si può osservare come (Figura 2) le imprese italiane, che pur manifestano ancora una rilevante incidenza delle soluzioni di risk transfer, siano diventate più attive. Il trasferimento del rischio, infatti, è stato sovente la soluzione, attraverso la ricerca di prodotti e strumenti nel mercato assicurativo e finanziario. Negli ultimi tempi, a questo, si sono accompagnate soluzioni di gestione del rischio vere e proprie. È, infatti, un dato importante quello relativo alla scelte di risk reduction e di risk retention. Alla riduzione del rischio si perviene attraverso un’analisi dei processi aziendali che consenta di cogliere per ogni fattore la probabilità di accadimento e l’impatto eventuale. Così facendo, è possibile identificare soluzioni che mirino a ridurre tali probabilità e a mitigarne gli effetti, arrivando a ‘ritenere’ quei rischi che è opportuno l’azienda corra per poter generare valore e che, pertanto, dovranno essere finanziati internamente con una adeguata capitalizzazione.
  5. La funzione evolve con l’evoluzione del business dell’azienda. La funzione è parte integrante dell’impresa. Pertanto, è molto importante che essa abbia un’evoluzione che tenga conto, da un lato, dell’evoluzione del modello di business e dei processi dell’impresa, e, dall’altro, dei cambiamenti che intercorrono sui mercati finanziari e nei sistemi economici.

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5. Conclusioni
Le crescenti sfide che caratterizzano aziende industriali, bancarie, assicurative e finanziarie richiedono la presenza costante all’interno del sistema decisionale e di controllo di tali organizzazioni di competenze e attività dedicate che consentano di non perdere mai la vista su quale sia il profilo di rischio. È tema centrale nella vita delle aziende. È importante, però, che tale presenza abbia una natura di sostanza e non serva solo ad ottemperare a dettami normativi o a costruire soluzioni di facciata che nulla servono rispetto ad una gestione responsabile del business e ad una sostenibilità della vita di tali aziende nel tempo.

Misure per l’autoimprenditorialità – Nuove imprese a tasso zero

Misure per l’autoimprenditorialità – Nuove imprese a tasso zero

Posted on 15 Marzo 2016 by in Marketing with Commenti disabilitati su Misure per l’autoimprenditorialità – Nuove imprese a tasso zero

Sulla base dell’esperienza maturata nell’applicazione del principale strumento nazionale di sostegno alla realizzazione e all’avvio di nuove attività imprenditoriali di piccola dimensione, il decreto legislativo n. 185/2000 di cui Invitalia è il soggetto gestore, è stata introdotta dal legislatore una radicale modifica degli incentivi in favore dell’autoimprenditorialità di cui al Titolo I del citato decreto legislativo.

Per l’applicazione dell’intervento è stato adottato il nuovo regolamento con il decreto 8 luglio 2015 n. 140.

Le principali novità sono:

  • si rivolge non solo ai giovani fino a 35 anni, ma anche alle donne indipendentemente dall’età
  • è applicabile non più nelle sole aree svantaggiate ma in tutto il territorio nazionale
  • non prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto, ma solo la concessione di mutui agevolati a tasso zero, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro (per singola impresa)
  • possono presentare la domanda di accesso alle agevolazioni le imprese costituite al massimo da 12 mesi
  • possibilità di presentazione della domanda anche da parte di persone fisiche che intendono costituire una società.

 

Sono agevolabili, fatti salvi alcuni divieti e limitazioni previsti dal regolamento comunitario sugli aiuti d’importanza minore, cosiddetti de minimis, le iniziative che prevedono programmi d’investimento non superiori a 1,5 milioni di euro relativi a:

  • produzione di beni nei settori dell’industria, dell’artigianato, della trasformazione dei prodotti agricoli;
  • fornitura di servizi, in qualsiasi settore;
  • commercio e turismo;
  • attività riconducibili anche a più settori di particolare rilevanza per lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile, riguardanti:
    • la filiera turistico-culturale (intesa come attività finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione del patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico, nonché al miglioramento dei servizi);
    • l’innovazione sociale (intesa come produzione di beni e fornitura di servizi che creano nuove relazioni sociali ovvero soddisfano nuovi bisogni sociali, anche attraverso soluzioni innovative).

Le agevolazioni sono concesse, sulla base di una procedura valutativa con procedimento a sportello, ai sensi e nei limiti del sopra citato regolamento de minimis, che prevede, in particolare, che le imprese possono beneficiare delle agevolazioni fino al limite massimo di 200 mila euro, tenuto conto di eventuali ulteriori agevolazioni già ottenute dall’impresa a titolo di de minimis nell’esercizio finanziario in corso alla data di presentazione dell’istanza e nei due esercizi finanziari precedenti.

Per più informazioni consulta il sito del MiSE.